venerdì 22 marzo 2019

Amsterdam: una città a misura di ape

Il declino inesorabile delle popolazioni di insetti a livello mondiale viene ormai considerato il prodromo di una vera e propria estinzione di massa che stiamo vivendo in tempo reale. Esistono, però, delle realtà in assoluta controtendenza e a ben vedere non ci si aspetta davvero che una di queste sia in un contesto fortemente urbanizzato, e che contesto! 
Non stiamo parlando di un ridente paesello di montagna senza inquinamento, traffico e con pochi abitanti, ma di Amsterdam, capitale olandese, una metropoli con 1,5 milioni di abitanti. La città di Amsterdam ha voluto creare degli spazi su misura per i propri abitanti. In questo caso il concetto di abitante risulta essere leggermente “esteso” in quanto stiamo parlando di tutti gli abitanti, compresi gli insetti. Risulta evidente da tempo che a latitudini maggiori la sensibilità e l’empatia verso tutte le forme di vita risultino infinitamente più sviluppate rispetto alle italiche urbi. In un paese dove i politici ascoltano con attenzione gli scienziati è stato possibile creare delle condizioni all’interno del territorio municipale che incontrano le esigenze di tutti gli abitanti: persone e animali, anche di quelli più piccoli, delicati e indifesi come gli insetti (in particolare le api). Infatti, in qualunque altra città europea la quantità e la varietà delle specie di api presenti è in drastico calo, mentre ad Amsterdam dall’inizio degli anni duemila si è avuto un aumento del 45% delle api con 21 nuove specie che hanno scelto la città come nuova casa. 
Come sono riusciti ad ottenere questo risultato? Intanto, hanno investito molti soldi, proprio tanti, ma con criteri ben precisi e con una visione prospettica assolutamente di grande respiro. Vi immaginate voi cosa succederebbe in Italia se una città delle stesse dimensioni di Amsterdam decidesse di investire 38 milioni di euro per favorire il prosperare delle api? 
I soldi investiti sono serviti al miglioramento delle condizioni ambientali della città, ed in particolare:
  • sono stati realizzati nuovi parchi e nuovi giardini. In queste aree verdi sono state piantate specie autoctone olandesi e comunque specie che potessero fornire nutrimento alle api in diversi periodi dell’anno. 
  • Sono stati banditi i pesticidi da tutto il territorio urbano e ed extraurbano incentivando pratiche agricole ecocompatibili. 
  • Sono  stati forniti incentivi ai cittadini per realizzare i tetti verdi, ovvero le coperture dei tetti con erba e piante che isolano (senza sprecare energia) la casa dal caldo e dal freddo e nel contempo creano un ambiente migliore per uccelli e insetti. 
  • Sono stati dati incentivi anche per ridurre le superfici asfaltate e cementate dei giardini privati, sostituendoli con aiuole fiorite. Questo, oltre a portare nutrimento alle api ha portato ad un miglioramento del drenaggio delle acque superficiali che in questo modo possono più facilmente infiltrarsi nel sottosuolo e non scorrono sul manto stradale.
  • Un altro step della progressiva trasformazione della città ha visto l’assunzione di una squadra di ecologi che, tra le altre cose, ha fornito le informazioni necessarie alla cittadinanza illustrando i comportamenti da tenere per una pacifica convivenza con le api.
  • Infine, sono stati costruiti centinaia di rifugi per insetti i cosiddetti bug hotel che hanno fornito un riparo sicuro e caldo alle api, coccinelle ed altri insetti utili.

Alla fine i cittadini di Amsterdam hanno constatato che le azioni intraprese che dovevano essere a vantaggio delle api, hanno portato un indiscutibile benessere anche a loro, a testimonianza che il miglioramento dell’ambiente urbano, anche a fronte di consistenti investimenti e qualche rinuncia, risulta conveniente per tutti. Amsterdam è adesso una città moderna e proiettata nel futuro che garantisce un livello di vivibilità eccellente per i propri ospiti, umani e non. A quando anche da noi un salto evolutivo del genere?

lunedì 23 aprile 2018

L'insosteniblie leggerezza delle cannucce di plastica

Vi sembrerà strano ma uno degli oggetti più  inquinanti in assoluto sul pianeta è la  cannuccia di plastica che adoperiamo nei nostri drink e bevande. Solo negli stati uniti se ne consumano mezzo milione al giorno, se consideriamo tutto il pianeta sitiamo parlando di cifre esorbitanti che superano gli 8 miliardi di pezzi giornalieri. Quello che sembra un innocuo ed irrilevante strumento per aiutarci a sorseggiare le nostre bevande, è in realtà un oggetto altamente inquinante perché oltre ad essere evidentemente un prodotto derivato dal petrolio, non può nemmeno essere riciclato perché è  fabbricato utilizzando plastiche di scarsa qualità (polipropilene). Una cannuccia, una volta esaurito il proprio compito che dura mediamente una decina di minuti, rimane in circolo nell'ambiente per un periodo superiore ai 500 anni e questo capite non è proprio quello che si intende per oggetto ecosostenibile. Certo possiamo fare quasi tutti a meno delle cannucce di plastica ma in realtà ad alcune persone serve veramente, pensiamo ai disabili ad esempio, per molti di loro la cannuccia è uno strumento essenziale e non un ammennicolo irrilevante  e con funzione meramente estetica come per la maggior parte di noi, parliamoci chiaro non è  che a casa usate la cannuccia, eppure bevete lo stesso!
Comunque, per venire incontro alle esigenze di chi

mercoledì 28 marzo 2018

Cosa succederebbe se l'America diventasse improvvisamente vegana?

Secondo il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, più di 41 milioni di americani sarebbero a rischio alimentare. Questo dato ci dice che una consistente fetta della popolazione americana potrebbe avere serie difficoltà a mettere insieme il prossimo pranzo o cena. A portare un messaggio di speranza ci ha pensato l'Accademia Nazionale delle Scienze che secondo un rapporto pubblicato recentemente suggerisce che l’intero paese potrebbe tranquillamente essere sfamato se solo si concentrassero gli sforzi produttivi sulla componente agricola piuttosto che sugli allevamenti.

martedì 23 gennaio 2018

La vernmenting bin

Dopo aver introdotto il metodo elaborato da Mark di eve growing, in questo video il nostro geniale amico americano ci spiega come realizzare la sua vermicompostiera. Serve solo un secchio di plastica con coperchio, una bottiglia di plastica e poco altro, niente di impossibile. Provateci, l'enorme vantaggio è che potete fare il vermicompost in casa senza odori e senza insetti che volano per casa, basta riempire il secchio con le modalità spiegate da Mark nei suoi video e lasciare il secchio in garage, in cantina o nel ripostiglio per un paio di mesi. Andate e compostate il mondo.


lunedì 27 novembre 2017

L’Azolla, un’utilissima infestante che (forse) ci salverà


Fonte wikipedia
Perdonate l’ossimoro ma l’azolla è la perfetta sintesi di quanto affermato nel titolo: utilissima e infestante. Togliamoci subito il dente dolente dicendo che questa felce galleggiante è assolutamente invadente e non è il caso di introdurla in qualunque biotopo naturale (a meno che non sia il suo), infatti, se non viene gestita in modo accurato ed intelligente colonizza molto rapidamente l’intero specchio d’acqua dove viene introdotta. Il dubbio che vi ha colto prontamente è legittimo: quando mai il genere umano ha gestito intelligentemente una qualsivoglia cosa negli ultimi duemila anni? Avete ragione, ma con questa minuscola pianticella forse vale la pena di provarci.

lunedì 6 novembre 2017

Mark e il suo vernmenting, un nuovo modo di fare lombricompostaggio

Mark è un solare e simpatico signore americano, pieno di inventiva e voglia di fare, che a forza di sperimentare ha messo a punto un sistema per trasformare la sostanza organica in humus. Il motore della sua invenzione sono i lombrichi. Cosa c'è  di strano direte, i lombrichi sono utilizzati da milioni di persone per trasformare gli scarti in humus. In realtà Mark ha trovato il modo di fare un vermicompostaggio abbastanza innovativo. In primo luogo utilizza dei contenitori cilindrici chiusi, in particolare sono dei secchi leggermente modificati con un tubo per la ventilazione interna. Ma il vero elemento nuovo è l'avviamento e la gestione della lombricompostiera. Mark tritura finemente gli scarti, ottenendo una vera e propria pappa, poi prende una manciata di questa crema e l'avvolge in un foglio ripiegato di carta di giornale in modo che la carta non si rompa a contatto con l'umidità degli scarti. A questo punto prende questo rotolo e lo mette in fondo al secchio, il passo successivo è quello di fare altri rotoli e completare un primo strato di palle di carta di giornale ripiene di “crema di scarti”. Prima di passare allo strato successivo,  Mark ricopre il primo strato con qualche manciata di terriccio prelevato da un bosco che lui chiama DUFF (Detritus Under Forest Floor). A questo punto passa al successivo strato, ripetendo la coppia di strati rotoli-humus fino a quasi colmare il secchio,  completato l'ultimo livello di humus, Mark prende un paio di manciate di lombrichi e li inocula nella lasagna, chiude il tutto e mette da parte il secchio per riaprirlo dopo qualche mese ottenendo così la completa trasformazione degli scarti in vermicompost e un gran numero di lombrichi. In pratica, Mark, fornisce al sistema tutto il necessario in un'unica soluzione: azoto (la crema di scarti), carbonio (la carta dei giornali), i microorganismi per avviare e mantenere in vita il sistema (il terriccio di sottobosco), e ovviamente i lombrichi. Il sistema non l'ho ancora provato ma non ho dubbi sulla sua efficacia e presto lo proverò, i vantaggi che ad un primo esame si palesano rispetto ai metodi tradizionali, sono: l'abbattimento degli insetti tipo mosca della frutta che spesso infestano le compostiere (che pur non inficiando la salute dei lombrichi e del compost sono comunque fastidiose) e l'assoluta assenza di operazioni di manutenzione e alimentazione dei lombrichi. Il reattore viene messo da parte e controllato di tanto in tanto in modo da verificare che i lombrichi stiano facendo il loro lavoro. Un altro vantaggio è il fatto che questo metodo risulta assolutamente adatto all’utilizzo in appartamento visto che non occupa spazio, non rilascia odori e non produce insetti. Con questo metodo Mark trasforma tutti gli scarti vegetali, ma anche tutto quello che è organico (carcasse di piccoli animali, residui di lavorazioni,  deiezioni di animali domestici, ecc.) e lo utilizza nel suo sistema di coltivazione verticale. Il video che allego è abbastanza esplicativo anche per chi non parla inglese, Mark ha anche una pagina facebook (EVE growing), quindi se volete approfondire e chiedere informazioni sul metodo, lui è sempre disponibile e cordiale. 


Amsterdam: una città a misura di ape

Il declino inesorabile delle popolazioni di insetti a livello mondiale viene ormai considerato il prodromo di una vera e propria estinzione...